Onorevoli Deputati! - Il disegno di legge proposto è finalizzato a promuovere lo sviluppo economico del Paese, intervenendo su tre ambiti tra loro connessi: l'apertura del mercato alla concorrenza, la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche e di fronte ai poteri economici forti, e la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e di contribuire alla crescita economica.
      Tali interventi erano già previsti nel programma di Governo e il documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2007-2011 ha dedicato, per la prima volta, un intero capitolo a questi aspetti, indicando le motivazioni politiche ed economiche, i settori, i metodi e le priorità d'intervento per promuovere la concorrenza e migliorare la condizione dei consumatori.
      Le disposizioni proposte fanno idealmente seguito a quelle approvate dal Consiglio dei ministri nella riunione del 30 giugno 2006 e, in particolare, al decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
      Il Governo, con tale decreto, ha dato un primo parziale, ma deciso, segnale di apertura del mercato e di abbattimento dei vincoli amministrativi, eliminando 14 restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le misure di luglio hanno rappresentato una rilevante discontinuità politico-culturale, molto apprezzata dalla maggioranza degli italiani, toccando settori che nel loro insieme assumono rilevanza strategica, per la complessiva incidenza sul versante della competitività e sulla vita quotidiana dei cittadini: le libere professioni e la distribuzione commerciale, i panifici e i conti correnti bancari, i tassisti e la vendita dei farmaci, i notai e le polizze assicurative per la responsabilità civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli, i trasporti locali e i prezzi dei prodotti agroalimentari, gli apparati pubblici locali e i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
      Il «pacchetto per il cittadino consumatore» di luglio, a sei mesi di distanza, ha superato con immediata evidenza la verifica di efficacia, cui è stato sottoposto mediante un monitoraggio condotto dagli uffici del Ministero dello sviluppo economico; basti pensare alle circa 600 parafarmacie aperte in tutta Italia e alla conseguente riduzione del prezzo dei farmaci, all'avvenuto adeguamento dei codici deontologici della generalità degli ordini professionali entro il previsto termine del 1o gennaio 2007, agli accordi intervenuti in molte città per il potenziamento del servizio dei taxi, alla progressiva riduzione dei costi di gestione dei conti correnti grazie alla maggiore mobilità dei clienti messa in atto con la definitiva soppressione delle spese di chiusura dei conti stessi e al successo popolare ottenuto dalle norme che consentono di fare a meno del notaio per il passaggio di proprietà dei veicoli.
      Insieme al decreto-legge di luglio, il Consiglio dei ministri ha approvato altre importanti misure di liberalizzazione e cioè un disegno di legge delega per la riforma dei servizi pubblici locali, che impone di ricorrere alla gara pubblica secondo i princìpi della concorrenza e della tutela degli utenti, e un disegno di legge delega per l'introduzione della cosiddetta «class action», quale strumento fondamentale per tutelare, finalmente, la

 

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generalità dei consumatori dalle inaccettabili disparità di trattamento da parte dei grandi gruppi economici.
      Inoltre, a luglio è stato approvato un regolamento che introdurrà un notevole cambiamento nel settore dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto (che è divenuto esecutivo dal 1o febbraio): il risarcimento diretto. In base alle nuove regole, l'80-90 per cento dei sinistri che normalmente si verificano saranno indennizzati agli automobilisti dalla loro compagnia assicurativa in tempi brevi e certi (dai trenta ai novanta giorni).
      Peraltro, fin dal suo insediamento, il Governo ha presentato un disegno di legge per la riforma e la liberalizzazione del mercato dell'energia e, dopo luglio, ha approvato molti altri importanti progetti normativi di semplificazione dei procedimenti amministrativi e di riforma di importanti settori, quali le libere professioni, il trasporto aereo e il mercato radiotelevisivo.
      Infine, anche la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contiene, in realtà, importanti misure di riordino volte, ad esempio, a favorire gli investimenti economici per le energie rinnovabili e il risparmio energetico, in accordo con le nuove esigenze di tutela ambientale, e a consentire una nuova e più incisiva politica per l'innovazione industriale e per la competitività del sistema produttivo italiano.
      Nelle more dell'esame dei progetti di legge già sottoposti al Parlamento, il Governo intende proseguire lungo la duplice via dell'apertura del mercato al principio della concorrenza e della semplificazione amministrativa delle attività economiche, quali iniziative per garantire lo sviluppo economico e la tutela dei consumatori.
      In questo contesto, occorre pensare a diverse e articolate misure di tutela dei consumatori, di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, legando tutti questi interventi ad una duplice e unitaria finalità.
      Da una parte, combattere le pratiche anticoncorrenziali diffuse nell'economia e nella società italiane, che sono determinate dalla difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici, ed eliminare gli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario, di cui sono emblematici gli attuali obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze fra esercizi, volti in realtà a chiudere il mercato ai nuovi operatori.
      Dall'altra, arricchire di nuovi operatori l'economia italiana, accelerare la nascita e lo svolgimento di nuove attività e favorire la realizzazione di insediamenti che concretino nuove occasioni di lavoro nel pieno rispetto dell'ambiente, rafforzando, ove necessario, la tutela degli utenti di beni e di servizi di grande rilevanza collettiva.
      Per perseguire questi ambiziosi obiettivi di ordine economico e sociale, il presente disegno di legge si ispira all'idea di una democrazia efficiente, che collega la trasparenza e la partecipazione alla certezza delle decisioni, abbandonando la logica statalistica e burocratica dell'imposizione per una logica della responsabilità tanto per gli operatori economici quanto per i pubblici poteri, che sono chiamati a ridurre all'essenziale l'attività di intermediazione amministrativa e a concentrare la loro attività nelle funzioni strategiche di programmazione e di costante e severo controllo della veridicità delle attestazioni fornite dagli operatori di mercato.
      In conclusione, si rende necessaria una nuova iniziativa legislativa del Governo, volta a favorire nuovi e più alti livelli di tutela dei consumatori, anche mediante l'apertura del mercato con l'eliminazione delle più gravi restrizioni alla concorrenza e la riduzione degli adempimenti amministrativi e delle intermediazioni burocratiche, che appesantiscono senza giustificazione le attività economiche e d'impresa, consentendo lo sprigionarsi di nuove energie imprenditoriali.
       Si illustrano, di seguito, brevemente, i singoli articoli.
      Il titolo I reca norme volte a rendere più libero l'esercizio di imprese e professioni.
 

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      L'articolo 1 interviene per eliminare limitazioni allo svolgimento di attività commerciali tra loro complementari in forma integrata, tra cui quella della distribuzione di carburanti.
      L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha più volte richiamato l'attenzione (da ultimo con la decisione 4 novembre 2004 - segnalazione AS 283) sulla necessità di riformare il settore in senso favorevole alla concorrenza, modificando la disciplina vigente (in particolare il decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32).
      Distorsioni alla concorrenza, con effetti di sovrapprezzo per i consumatori, derivano, peraltro, anche da alcune normative regionali, che hanno ulteriormente irrigidito le prescrizioni fissate dalla normativa nazionale (con riferimento anche al Piano nazionale per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, approvato con decreto del Ministro delle attività produttive 31 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2001) e hanno comportato disomogeneità nelle condizioni richieste agli operatori sul territorio nazionale. L'intervento qui proposto, per il quale la competenza legislativa statale è garantita dai princìpi comunitari in materia di libertà economica e da quelli costituzionali di tutela della concorrenza e dei consumatori, è finalizzato a escludere che l'apertura di nuovi impianti sia subordinata a parametri numerici o di distanza minima. L'imposizione di tali vincoli, infatti, si traduce nella predeterminazione di un numero massimo di operatori e ostacola di fatto l'apertura di nuovi punti di vendita caratterizzati da strutture moderne e automatizzate. Il comma 1 vieta qualunque limitazione riguardo all'abbinamento della vendita di prodotti o servizi complementari e accessori rispetto a quelli principali. L'Autorità garante ha evidenziato come una simile imposizione comporti in termini economici solo un aumento dei costi, non corrispondendo ad una specifica e rigida domanda dei consumatori. Il comma 2 elimina le distanze minime e i parametri numerici prestabiliti per l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione di carburanti. Il comma 3 dispone le conseguenti abrogazioni. Il comma 4 garantisce, comunque, la competenza delle regioni e degli enti locali a disciplinare nel dettaglio le attività di distribuzione di carburanti, nel rispetto dei princìpi di liberalizzazione e di tutela della concorrenza posti dalla nuova norma.
      L'articolo 2 riguarda le attività di intermediazione commerciale e di affari.
      L'attuale disciplina delle attività di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d'affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere e raccomandatario marittimo subordina, peraltro con varie disomogeneità tra le diverse categorie, l'esercizio dell'attività all'iscrizione in ruoli o in elenchi, per l'accesso ai quali sono stabiliti requisiti vari, o ad autorizzazioni di pubblica sicurezza oramai prive di una vera ragione. La normativa comunitaria (si veda in particolare la direttiva 86/653/CE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, in materia di agenti commerciali) esclude per l'esercizio di tali professioni la necessità di iscrizione in ruoli. Con la sentenza del 6 marzo 2003 la Corte di giustizia delle comunità europee ha affermato che l'iscrizione dell'agente commerciale nel ruolo non può essere ritenuta condizione di validità dei contratti di agenzia conclusi dall'agente con il suo proponente. Pur non essendo preclusa l'esistenza di norme nazionali che per l'iscrizione dell'agente commerciale nel registro delle imprese richiedano la preventiva iscrizione nell'apposito ruolo, ne deriva che chi non è iscritto nel ruolo suddetto può qualificarsi agente, può stipulare un valido contratto di agenzia, ma non può iscriversi come tale nel registro delle imprese. Anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato la necessità di rimuovere le ingiustificate restrizioni all'esercizio delle attività professionali in esame (si confronti, in particolare, la segnalazione AS 219 del 18 ottobre 2001, in materia di agenti e rappresentanti del commercio). Per rispondere a tali necessità
 

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di liberalizzazione e di promozione della concorrenza, il presente articolo, da un lato, unifica i profili professionali di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d'affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere e raccomandatario marittimo nella nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari; dall'altro, richiede per l'esercizio della relativa attività unicamente una dichiarazione di inizio di attività (da presentare alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio e, per conoscenza, alla questura), corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente, alla quale consegue, verificato il possesso dei requisiti, l'iscrizione nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), tenuto presso le camere di commercio, e la contestuale attribuzione della qualifica.
      L'articolo 3 attiene alla materia relativa alla componentistica dei veicoli a motore.
      La normativa attualmente in vigore in materia di veicoli - sia per quanto riguarda l'omologazione del primo equipaggiamento che per quanto concerne le successive modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali - è disciplinata dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il codice della strada, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. Con la presente disposizione si intende incidere esclusivamente sulle modifiche al veicolo successive all'omologazione del primo equipaggiamento (dettagliatamente disciplinata da regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive dell'Unione europea) e che riguardano non i singoli pezzi di ricambio - il cui regime è già ampiamente liberalizzato (per l'equivalenza delle caratteristiche tecniche del ricambio al pezzo originario in dotazione) - ma singoli componenti o sistemi di componenti finalizzati ad aumentare le prestazioni, la comodità e la sicurezza del veicolo e che non sono stati previsti dalla casa costruttrice in sede di omologazione del veicolo e, quindi, non sono originariamente in dotazione. Questi componenti e sistemi soddisfano la scelta del consumatore di personalizzare il proprio mezzo; il settore cosiddetto dell'«after market» si è fortemente sviluppato negli ultimi venti anni e si contraddistingue per l'elevata innovazione tecnologica e per l'evoluzione costante dei componenti originali del veicolo. Nato inizialmente in ambiti molto specifici e settoriali, come quello delle competizioni sportive, si è poi esteso all'intero settore dell'automotive. Il settore merceologico è considerevole e riguarda sia i componenti e gli accessori interni, sia quelli esterni. L'Italia si distingue in questo mercato, in continua crescita nei Paesi europei e nel mondo, grazie ad una ricerca di prodotto, una qualità e un design propri del made in Italy. Non è un caso, infatti, che siano italiane le aziende più rappresentative del settore, con una realtà variegata composta sia da piccole e medie imprese che da più consistenti gruppi imprenditoriali. La finalità dell'intervento normativo proposto è dunque duplice:

          a) garantire l'apertura e la liberalizzazione di un mercato a favore di un intero settore produttivo del Paese che, a differenza dei produttori dei singoli pezzi di ricambio, è ancora irrigidito da una regolamentazione obsoleta e onerosa che ne impedisce la crescita e lo sviluppo in Italia;

          b) assicurare una significativa semplificazione amministrativa a favore del cittadino-consumatore proprietario del veicolo, che intenda apportarvi modifiche al fine di personalizzarlo.

      Sono due le tipologie di modifica delle caratteristiche costruttive del veicolo che possono essere previste: la sostituzione del singolo componente o di un intero sistema di componenti (singole parti che interagiscono per garantire il funzionamento di un determinato meccanismo). Alla prima categoria, appartiene la maggior parte degli accessori e della componentistica (il

 

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cosiddetto «tuning»), mentre alla seconda appartengono quelle modifiche di sistema (più componenti) che rappresentano, al contrario, un settore di nicchia con volumi decisamente minori (anche in considerazione dell'alto costo dei prodotti esistenti). In Italia, come è noto, la materia risulta disciplinata in modo fortemente restrittivo e penalizzante; l'articolo 78 del citato decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, infatti, prevede - qualora si apportino modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali o ai dispositivi di equipaggiamento o al telaio - una visita e una prova presso gli uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, previo rilascio da parte della casa costruttrice di un nulla osta che può essere comunque negato anche per motivi diversi da quelli tecnici e che impedisce di fatto, il più delle volte, di eseguire le modifiche. L'attuale formulazione dell'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e dell'articolo 236 del relativo regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, è in netto contrasto con il principio di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e con quello di libera circolazione delle merci e dei servizi, che consentono di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta dei prodotti offerti sul mercato. Quanto sopra è reso evidente dalla circostanza che mentre il nostro Paese non può rifiutare l'immatricolazione di un veicolo omologato in un altro Paese membro dell'Unione europea, un componente - pur se omologato in un altro Paese membro dell'Unione europea, o, quanto meno, perfettamente rispondente nelle sue caratteristiche tecniche agli standard contenuti nelle direttive comunitarie e dotato di una certificazione tecnica che ne attesta il positivo inserimento per singolo modello di veicolo - non può essere montato senza una visita e una prova e senza il nulla osta della casa costruttrice del veicolo. È fin troppo evidente che il previsto nulla osta non tutela l'aspetto tecnico - e cioè la sicurezza attiva e passiva del veicolo -, che è garantito dalla certificazione di cui il componente è dotato, ma l'interesse commerciale della casa costruttrice del veicolo, in stridente contrasto con i citati princìpi comunitari.
      A garanzia della sicurezza degli utenti, si prevede infine che le disposizioni in esame trovino applicazione dalla data di entrata in vigore del decreto con cui il Ministro dei trasporti dovrà, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, individuare i casi in cui resta necessaria una specifica verifica da parte degli uffici della citata Direzione generale per la Motorizzazione.
      L'articolo 4 prevede una misura di apertura nel mercato della distribuzione del GPL, assicurando all'utente la facoltà di acquistare il gas liberamente sul mercato, senza essere legato per il suo rifornimento all'impresa che oggi dà in comodato il serbatoio imponendo il rifornimento solo presso di essa e che, con la norma in esame, dovrà invece dare in locazione il medesimo serbatoio, lasciando al consumatore la libertà di scelta del fornitore.
      Il contratto di locazione del serbatoio ha una durata di cinque anni, rinnovabile per altri cinque salva formale disdetta da parte del locatario; al suo termine il consumatore può chiedere, senza sopportare spese, la rimozione del serbatoio.
      Le clausole difformi sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in corso entro sei mesi. È infine previsto che anche le regioni e i comuni adeguino le proprie norme entro sei mesi.
      L'articolo 5 intende promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti situati nel territorio nazionale. All'esito del monitoraggio, il Ministero dei trasporti, qualora risulti insufficiente il grado di concorrenza nel mercato, indicherà le misure e i correttivi concreti che possono realizzare una effettiva liberalizzazione nel settore. Si stabilisce poi che il Ministero adotterà i provvedimenti ordinatori volti a garantire una effettiva concorrenza nel mercato dei servizi di handling aeroportuale.
 

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      L'articolo 6 prevede talune misure in materia di trasporto ferroviario favorendo la prosecuzione del processo di apertura del mercato già avviato nel settore dei trasporti di persone e di merci per ferrovia, come appare evidente già dal comma 1, laddove vengono sanciti i seguenti princìpi ispiratori: a) separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; b) efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; c) professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio; d) stretta ed espressa connessione, attraverso la garanzia di una specifica destinazione, tra proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria e manutenzione del materiale rotabile.
      Si affida poi al Ministero dei trasporti - nelle more della costituzione dell'Autorità per i servizi e le infrastrutture di trasporto - il compito di avviare in tempi brevissimi un'indagine conoscitiva volta all'accertamento della situazione attuale in merito all'attuazione dei princìpi dettati al comma 1, in particolare individuando gli eventuali ostacoli normativi o derivanti dall'attuale assetto societario della «filiera» ferroviaria o, ancora, dal comportamento dei soggetti operanti nel settore, che si frappongono al dispiegamento della concorrenza nell'ambito del trasporto passeggeri di media e di lunga percorrenza, nonché al corretto ed efficace espletamento delle gare nel settore del trasporto dei passeggeri in ambito regionale. In considerazione dell'esito di tale indagine, sarà possibile individuare i provvedimenti eventualmente utili a favorire l'ulteriore liberalizzazione del settore e ordinare al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte dei soggetti in possesso dei prerequisiti appropriati, la cui specificazione è demandata dal successivo comma 3 al Ministro dei trasporti.
      L'articolo 7 promuove lo sviluppo di nuovi servizi di trasporto pubblico individuale e collettivo all'interno delle città e soprattutto delle grandi aree urbane, anche al fine di accrescere l'attrattività di mezzi di trasporto alternativi all'auto privata. Lo sviluppo di tali servizi è ostacolato dall'attuale rigida regolamentazione dell'accesso al mercato. L'introduzione di sistemi e di tecnologie innovativi nel settore del trasporto pubblico locale - che non prevedono interventi infrastrutturali ma sono volti al miglioramento del servizio ampliando il ventaglio di offerte a disposizione dei cittadini - si sostanzia nei servizi di uso multiplo, di condivisione dei veicoli, di trasporto ecologico e di trasporto per categorie disagiate.
      La norma rimuove gli ostacoli alla crescita di questi servizi, prevedendo la completa liberalizzazione dell'offerta, stabilendo - da una parte - il principio che il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione del servizio non sia soggetto a limitazioni numeriche e prevedendo - dall'altra - che i comuni incoraggino la crescita e la diffusione del servizio attraverso forme di incentivazione.
      La tutela dei diritti del cittadino è poi ulteriormente rafforzata attraverso l'adozione di una carta dei servizi di trasporto innovativo, mentre è prevista un'incentivazione dei comuni che adotteranno le misure previste dall'articolo 7, sotto forma di accesso preferenziale ai finanziamenti per l'acquisto di materiale rotabile, previsti dalla legge finanziaria per il 2007.
      L'articolo 8 prevede il riordino degli incentivi non fiscali in favore delle imprese di distribuzione operanti nel settore del gas naturale.
      Con la disposizione normativa si stabilisce di riordinare il sistema di incentivi attualmente operante per le imprese del settore del gas naturale, mediante regolamento di delegificazione da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con l'intento di favorire la crescita dimensionale degli operatori e la loro aggregazione. La norma non implica maggiori oneri o minori entrate per il bilancio dello Stato.
      Il titolo II, al capo I (articoli 9-18) disciplina la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, individuando nello sportello comunale per le attività
 

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produttive la struttura amministrativa unica di riferimento.
      Le disposizioni in esame attengono ai livelli essenziali delle prestazioni e alla tutela della concorrenza di cui, rispettivamente, all'articolo 117, secondo comma, lettera m) e lettera e), della Costituzione e si applicano, quindi, a tutte le amministrazioni pubbliche, ferma restando la previsione di un congruo termine e di un'articolata disciplina transitoria per l'entrata a regime delle nuove norme, rinviando ad accordi e intese in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata l'adozione di misure idonee a garantire la piena operatività del nuovo regime e l'eventuale esercizio di poteri sostitutivi delle regioni e dello Stato. Il nuovo strumento operativo mira ad integrare i due momenti, spesso considerati antitetici, del marketing territoriale, dell'informazione agli imprenditori e dell'assistenza allo start-up di impresa, da un lato, e della tutela sanitaria, ambientale e paesistico-territoriale dall'altro, affidando al comune, quale ente esponenziale della comunità locale radicata nel territorio secondo il principio di sussidiarietà sancito dal nuovo articolo 117 della Costituzione, la gestione dei diversi interessi, legando la possibilità di stimolare e di valorizzare uno sviluppo economico del territorio caratterizzato dalla massima innovatività e dinamicità all'introduzione di una nuova procedura che consenta la massima libertà e rapidità di azione dell'imprenditore, compatibilmente con il rispetto dei diritti della persona e dell'interesse pubblico generale, nella realizzazione e nella modifica degli insediamenti produttivi necessari alle strategie di impresa, come volano di sviluppo economico e occupazionale del territorio. Del resto, non sembrano esservi alternative nell'attuale contesto, caratterizzato dalla progressiva integrazione europea ma anche dalla globalizzazione dell'economia, in cui i territori non solo devono entrare nella competizione globale per poter attrarre risorse e investimenti, ma devono anche conquistare sul campo la possibilità di conformare le attività economiche nel rispetto della salute e della sicurezza delle popolazioni residenti e in conformità alle vocazioni e alle caratteristiche locali, per garantire uno sviluppo duraturo ed equilibrato. In tale quadro, la competizione tra territori diviene inevitabilmente competizione tra amministrazioni che operano su territori diversi, in termini di efficienza ma anche e soprattutto di idoneità ed efficacia delle azioni che, per quanto concerne gli insediamenti produttivi, devono garantire la massima libertà di iniziativa economica nei limiti strettamente richiesti dalla garanzia del rispetto della salute, della sicurezza e dell'ambiente.
      Il programma del Governo ha attribuito la massima importanza alla riduzione e alla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese, e fin dal suo insediamento il nuovo esecutivo ha avviato molteplici iniziative e tavoli di discussione sul tema. In particolare, il Ministro dello sviluppo economico ha istituito, presso il Gabinetto del proprio Ministero, una Commissione di studio, con la partecipazione (a titolo del tutto gratuito, giova ricordare) di rappresentanti delle amministrazioni e degli enti interessati ad ogni livello, di centri di studi e di formazione e del mondo accademico. Durante la scorsa estate, la Commissione ha coinvolto tutte le principali associazioni imprenditoriali, le cui proposte e osservazioni sono state attentamente vagliate dagli uffici legislativi dei Ministeri dello sviluppo economico e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, ai fini della redazione della proposta del Governo che, così come suggerito dalle stesse associazioni, è stata articolata in due distinti momenti.
      Da un lato, con decreto-legge è stata avviata ad immediata soluzione l'esigenza di consentire la nascita e l'avvio di attività delle nuove imprese nello stesso giorno della presentazione, da parte dell'imprenditore, di un'unica dichiarazione che viene, poi, trasmessa alle diverse amministrazioni statali competenti per i controlli. D'altro lato, con il presente disegno di legge si è affrontata la più complessa
 

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problematica, relativa alla necessità di ridurre e di semplificare gli adempimenti amministrativi connessi alla localizzazione, alla realizzazione e alla messa in esercizio dei nuovi impianti produttivi, salvaguardando al contempo le esigenze di tutela della salute, della sicurezza, dell'ambiente e dei beni culturali e ambientali.
      Quest'ultimo profilo è stato, parallelamente, approfondito in sede parlamentare. In particolare, è già da tempo all'esame delle competenti Commissioni parlamentari la proposta di legge atto Camera n. 1428 (primo firmatario l'onorevole Capezzone, appartenente alla maggioranza di Governo), che segna un'importante messa a punto delle problematiche concernenti gli adempimenti amministrativi delle imprese e delinea una credibile prospettiva di riforma, prevedendo una drastica riduzione dei termini procedimentali e delegando il Governo a modificare di conseguenza le norme vigenti sullo sportello unico per le attività produttive.
      Il Governo, preso atto della rilevanza della questione e dell'esistenza di un progetto di riforma già all'esame del Parlamento, si è orientato favorevolmente in ordine all'esame in sede legislativa, ai fini di una rapida conclusione dell'iter parlamentare della suddetta proposta di legge.
      Condividendo le finalità della citata proposta di legge, il Governo ha inteso altresì anticipare la sua operatività, attuando le previste misure di semplificazione. Peraltro, avendo il nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione attribuito buona parte delle materie di interesse alla competenza concorrente delle regioni, l'intervento semplificatore deve necessariamente avvenire in via legislativa e non in via regolamentare, al fine di introdurre princìpi capaci di semplificare gli adempimenti imposti alle imprese a livello statale, regionale e comunale.
      Il Governo confida, pertanto, che la presente iniziativa potrà essere abbinata, per la parte ora in esame, alla citata proposta di legge atto Camera n. 1428, ai fini della redazione, da parte della X Commissione in sede legislativa, di un testo unificato che consenta di giungere in tempi rapidi ad una tempestiva semplificazione degli adempimenti per la realizzazione di nuovi impianti produttivi.
      L'articolo 9 prosegue e rinnova, dopo gli ultimi anni di immobilità normativa, le linee di riforma avviate, dieci anni fa, dal precedente Governo Prodi con la legge delega n. 59 del 1997, con il decreto legislativo n. 112 del 1998, che trasferì competenze e risorse alle regioni e agli enti locali, e con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998, che disciplinò lo sportello unico comunale per le attività produttive e che si propone ora di abrogare per dare spazio alla nuova disciplina. La vigente disciplina dello sportello unico per le attività produttive ha infatti evidenziato nel tempo una profonda innovatività, collocandosi a cavallo fra l'istanza di valorizzazione delle competenze degli enti locali e l'esigenza di semplificazione dei procedimenti amministrativi statali, cercando di avviare a soluzione lo storico dilemma fra sviluppo economico e tutela del territorio, secondo una linea strategicamente connessa allo sviluppo locale e divenendo una sorta di laboratorio per l'applicazione e la sperimentazione delle novità organizzative e procedimentali della fine degli anni novanta. La novità del descritto approccio, unitamente alla mancata o ritardata semplificazione delle normative e alle ristrettezze organizzative e finanziarie, ha reso assai difficoltoso l'operare dei comuni, ma anche degli altri soggetti istituzionali partecipanti alle istruttorie, talvolta restii ad abdicare al loro precedente ruolo, e persino degli stessi professionisti, collaboratori degli imprenditori, chiamati ad una inedita sfida che valorizzava iniziativa e competitività e che reclamava, peraltro, una forte assunzione di responsabilità al di fuori dello schermo finora troppo spesso offerto dalle lentezze e farraginosità amministrative. Oggi la rinnovata attenzione del Governo verso l'esigenza di una profonda innovazione del sistema produttivo non può certamente limitarsi a snellimenti procedurali e a riduzioni dei termini procedimentali, più o meno accentuati e più o meno credibili nel panorama
 

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italiano, né ad operazioni di deregulation deleterie per la tutela dei diritti della persona e dell'ambiente, ma deve, viceversa, misurarsi con una più difficoltosa, ma ben più efficace attività di individuazione e abbattimento di tutti gli adempimenti amministrativi non giustificati da interessi pubblici primari, valorizzando le reciproche responsabilità dell'imprenditore e dell'amministrazione.
      L'articolo 10, in particolare, dispone che l'immediato avvio della realizzazione o della modifica di impianti produttivi è consentito dalla presentazione di una «dichiarazione unica» dell'imprenditore, attestante la sussistenza dei requisiti di legge, corredata degli elaborati progettuali e di una dichiarazione di conformità del progetto, resa dal progettista (per i profili edilizi e urbanistici, igienico-sanitari e di sicurezza), ovvero da un ente tecnico indipendente dall'imprenditore, per gli altri profili autocertificabili.
      I casi o i profili in cui non è ammessa la dichiarazione unica sono tassativamente elencati all'articolo 11.
      L'articolo 12, integrando le disposizioni dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990, introduce la previsione che lo sportello unico comunale, ove necessitino una o più autorizzazioni, debba convocare una conferenza di servizi on line, che, proprio grazie alle modalità telematiche di svolgimento, può concludere i suoi lavori entro un mese, decorso il quale intervengono le misure sostitutive previste dall'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990. Alla scadenza dei termini previsti da tale disposizione, i progetti asseverati da enti tecnici indipendenti possono, di regola, essere realizzati. Infine, è fatta salva la procedura di valutazione di impatto ambientale. Il nuovo procedimento si caratterizza per l'ampio utilizzo di modalità informatiche e telematiche, per la sua completa pubblicità e per la possibilità di intervento di tutti i soggetti, anche portatori di interessi diffusi o collettivi (articolo 9). Viene altresì confermata per la conferenza di servizi convocata dallo sportello unico la possibilità, oggi prevista, di proporre la variante urbanistica necessaria alla realizzazione dell'impianto snellendo il relativo iter (articolo 9, comma 8).
      L'articolo 13 disciplina la comunicazione di fine lavori e il collaudo (ove necessario) che, resi a cura dell'imprenditore, consentono l'immediata messa in funzione dell'impianto, fermi restando i poteri di controllo delle competenti amministrazioni.
      L'articolo 14 regola l'esercizio dei poteri di controllo e di vigilanza delle amministrazioni competenti nell'ambito del procedimento, prevedendo che le eventuali misure immediatamente interdittive debbano essere riesaminate in sede di conferenza di servizi, su richiesta dell'interessato, ai fini della loro conferma e della individuazione dei tempi e delle modalità dell'adeguamento dell'impianto, fatta salva la riduzione in pristino (oltre alle altre conseguenze penali e disciplinari) in caso di accertata falsità delle autocertificazioni.
      Di notevole rilievo è l'articolo 15, che disciplina i controlli sulle attività produttive (anch'essi resi pubblici via internet unitamente ai risultati) secondo modalità e tempi compatibili con lo svolgimento delle attività imprenditoriali, anche garantendone la contestualità e l'unitarietà ove siano competenti più uffici. A tal fine, si prevedono intese tra i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari nonché i sindaci, mentre la Conferenza unificata potrà individuare le modalità essenziali, la cui violazione determinerà il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario.
      L'articolo 16 delega il Governo a disciplinare i requisiti tecnici e di affidabilità e indipendenza necessari per l'accreditamento degli enti privati ai quali l'imprenditore può rivolgersi per far asseverare il proprio progetto, adottando le disposizioni conseguentemente necessarie in materia di norme tecniche ed enti tecnici.
      L'articolo 17 delega, infine, il Governo al riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, che dovranno essere specificamente riordinati e coordinati, con l'abrogazione di ogni altra disposizione
 

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vigente. Il medesimo articolo prevede che le regioni e gli enti locali si adeguino, quanto alla disciplina e ai procedimenti di propria competenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo.
      L'articolo 18 disciplina le abrogazioni e le misure transitorie e di attuazione.
      Il capo II (articoli 19-27) reca alcune misure di immediata semplificazione per l'attività delle imprese.
      L'articolo 19 tende a semplificare l'attività di verifica degli impianti a pressione, di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, nonché delle gru e degli apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, di cui all'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, valorizzando la responsabilità del proprietario o del gestore e del tecnico da essi scelto e liberando energie pubbliche per successivi controlli sul territorio.
      In particolare, si tende a far emergere nei rapporti che intercorrono tra i diversi operatori, nel rispetto delle singole competenze, gradi di professionalità e di responsabilità al fine di garantire trasparenza e sicurezza nella realizzazione e nel funzionamento degli impianti, mediante il ricorso all'autocertificazione dell'interessato, asseverata da un professionista indipendente, fatto salvo il successivo controllo pubblico.
      L'articolo 20 delega il Governo ad introdurre procedure semplificate per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, assicurando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e un conseguente abbattimento dei costi per le imprese.
      L'articolo 21 delega il Governo ad adottare provvedimenti diretti a garantire, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, il raggiungimento del duplice obiettivo di incentivare le società italiane ad intervenire nell'assetto proprietario di investitori indipendenti qualificati e di favorire l'accesso di nuovi titoli alle negoziazioni nei mercati borsistici. A tal fine, con il primo principio e criterio direttivo di delega, viene prevista una misura agevolativa, nei confronti sia delle società non quotate che di quelle quotate, consistente nella riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società (IRES) applicabile alla parte di imponibile corrispondente al capitale di nuova formazione sottoscritto da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, ovvero da società da essi appositamente create. Si deve sottolineare che, affinché operi il meccanismo agevolativo, gli organismi d'investimento devono rispondere a determinati requisiti di composizione del proprio attivo e che, inoltre, è in facoltà del legislatore delegato porre anche un limite, sia in termini percentuali che in termini assoluti, all'ammontare massimo di capitale sottoscritto. L'applicazione della misura, inoltre, non spetta solo in caso di sottoscrizione diretta del capitale di nuova emissione, ma anche in caso di acquisizione in occasione del collocamento dello stesso per la quotazione in mercati regolamentati, ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE). In alternativa alla riduzione di aliquota, è data facoltà al legislatore delegato di attuare le finalità della delega prevedendo un diverso meccanismo agevolativo, operante del pari in favore della società partecipata, ma consistente nella deduzione dall'imponibile, nell'anno della delibera, di una quota dei dividendi formati con utili prodotti dalla società a partire dall'esercizio d'ingresso dell'organismo d'investimento nel capitale di rischio. Quale che sia il meccanismo applicativo che il legislatore delegato intenderà adottare, è peraltro stabilito che il risparmio d'imposta derivante per la società non potrà comunque eccedere, in ciascun periodo d'imposta, un determinato limite massimo; ciò servirà evidentemente ad evitare che nei confronti delle società di grandi dimensioni l'agevolazione possa raggiungere un ammontare sproporzionato. Al fine di contrastare possibili manovre elusive, inoltre, è espressamente previsto che il beneficio è destinato a cessare qualora la quota di capitale originariamente sottoscritta o acquisita dal
 

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l'organismo sia successivamente ceduta a un soggetto diverso da un altro organismo simile. Il secondo obiettivo della delega, come si è detto, è quello di favorire l'accesso di nuovi titoli al mercato borsistico. A tal fine viene introdotta una disciplina agevolativa permanente per la deduzione dal reddito d'impresa, ferma restando la deduzione già applicabile in base alle ordinarie regole, delle spese sostenute per l'ammissione alle negoziazioni in mercati regolamentati, ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo. Importa notare che anche in questo caso sono previste la fissazione di un limite massimo alla deduzione da parte del legislatore delegato e, inoltre, la facoltà di ripartire la deduzione nell'arco di più esercizi fino a un massimo di tre. Anche questa misura, al pari della prima, ha carattere permanente, ritenendosi che la crescita del numero delle società quotate sia un obiettivo strategico da perseguire in funzione dello sviluppo e della ripresa economica.
      L'articolo 22 disciplina misure di semplificazione in materia di cooperazione prevedendo un'integrazione all'articolo 2545-octies del codice civile, mediante la quale è sospeso, per il biennio successivo alla perdita del requisito della mututalità prevalente da parte della cooperativa, l'obbligo di redigere apposito bilancio per determinare il valore dall'attivo da imputare alle riserve indivisibili.
      L'articolo 23 è volto a sanare una disparità di trattamento che vede tra i primi effetti, per le imprese di spettacolo, quello di non poter usufruire di agevolazioni al pari delle imprese operanti in altri settori economici. Invero, l'estensione dell'applicabilità della nozione comunitaria di piccola e media impresa alle imprese di spettacolo consente alle stesse di poter risultare destinatarie di contributi e finanziamenti agevolati. Appare importante sostenere e valorizzare politiche sociali volte a rispondere ai bisogni di crescita culturale, promovendo lo sviluppo delle attività in materia di spettacolo per l'alto valore di formazione e di aggregazione sociale che le diverse espressioni artistiche perseguono.
      L'articolo 24 prescrive che il Governo, le regioni e gli enti locali, attraverso le modalità di cooperazione amministrativa previste nel decreto legislativo n. 281 del 1997, raggiungano intese o accordi che prevedano la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio anche in via informatica, al fine di garantire una maggiore celerità e diffusione della pubblicità degli atti stessi e la trasparenza della comunicazione amministrativa.
      L'articolo 25 prevede l'abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese. La norma è finalizzata a diminuire in maniera consistente gli obblighi di certificazione a carico degli imprenditori per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica. Il meccanismo delineato è quello di un'autocertificazione con contestuale autorizzazione per le pubbliche amministrazioni a reperire direttamente presso le proprie banche dati le necessarie informazioni. Si passa così per le imprese dal modello dell'autocertificazione, introdotto con le cosiddette «riforme Bassanini» della XIII legislatura, che a loro volta avevano sensibilmente semplificato rispetto alla situazione precedente, a un nuovo approccio secondo il quale la pubblica amministrazione utilizza direttamente i dati e le informazioni già in proprio possesso, senza gravare ulteriormente l'operatore economico.
      L'articolo 26 reca alcune misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di atti telematici. In particolare, il comma 1 concerne la pubblicità della nomina di procuratori, semplificando l'attuale disciplina, ai sensi della quale in tutti i casi di nomina di un procuratore è comunque necessaria la redazione di una procura notarile con firma autenticata del rappresentato, e consentendo di depositare direttamente il verbale della deliberazione di conferimento dei poteri, evitando ulteriori aggravi di procedura e consentendo un risparmio di costi
 

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per le imprese. I commi 2 e 3 semplificano le modalità di produzione di procure speciali per il compimento di determinati atti nei confronti della pubblica amministrazione. In attuazione dei princìpi di semplificazione per le imprese e con l'obiettivo di far conseguire risparmi di spesa alle stesse, viene consentito di redigere le procure speciali in carta semplice, senza necessità di autenticazione della firma. L'identità e la veridicità della procura sono garantite dall'allegazione della copia fotostatica di un documento del rappresentato, sottoscritta da quest'ultimo. Infine, il comma 4, concernente le procure per atti telematici nei confronti delle pubbliche amministrazioni, intende consentire il rilascio di un'apposita procura per tali atti, con modalità semplificate, assicurando comunque che l'esercizio della stessa avvenga nel pieno rispetto delle regole di sicurezza informatica richieste dalla normativa. La pubblicità del rilascio della procura è assicurata dalla pubblicazione del contenuto del certificato digitale rilasciato al procuratore nel registro delle imprese, garantendo altresì che venga data idonea pubblicità anche ai casi di revoca o di modifica dei poteri conferiti, secondo le previsioni di cui all'articolo 2207 del codice civile.
      L'articolo 27, in materia di tenuta dei libri obbligatori e di elenco dei soci, sostituisce il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile, conferendo efficacia costitutiva all'iscrizione del trasferimento di proprietà delle quote di società a responsabilità limitata (srl) nel registro delle imprese. La nuova disciplina prevede che tale iscrizione abbia efficacia dirimente rispetto a più acquisti successivi, stabilendo che prevale sugli altri acquirenti colui che per primo abbia iscritto l'atto presso il registro. Preso atto dell'obbligatorietà dell'iscrizione nel registro delle imprese dell'atto di trasferimento delle quote sociali, anche al fine di far valere il proprio diritto verso terzi, e considerato che il nuovo testo legislativo incentiva gli acquirenti a procedere a detta iscrizione, si intende semplificare maggiormente gli obblighi di tenuta dei libri sociali da parte delle srl, eliminando per tali tipologie di società il libro dei soci, la cui tenuta appare oramai superflua. La proprietà delle quote di capitale di una srl, infatti, è comunque quella risultante dal registro delle imprese, la cui consultazione assicura la piena conoscibilità di tali informazioni. In tal senso, anche la distinzione tra efficacia del trasferimento nei confronti della società ed efficacia del trasferimento nei confronti dei terzi appare superflua, dato che l'acquirente ha comunque interesse ad iscrivere quanto prima l'atto nel registro delle imprese, momento in cui il trasferimento potrebbe acquisire efficacia sia nei confronti della società sia nei confronti dei terzi. La soppressione del libro dei soci per le srl ha come conseguenza anche l'eliminazione dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei soci, di cui all'articolo 2478-bis, secondo comma, del codice civile. Le variazioni della compagine sociale, infatti, sono sempre e comunque rilevabili dal registro delle imprese e l'invio di detto elenco non può apportare elementi di novità rispetto a quanto già pubblicizzato nel registro stesso.
      Il titolo III riguarda la materia dell'istruzione tecnico-professionale, che viene riordinata e potenziata, finalizzandola all'immediato inserimento nel mondo produttivo.
      La riforma degli ordinamenti scolastici introdotta dalla legge n. 53 del 2003 ha determinato profondi mutamenti e innovazioni nell'ordinamento scolastico e in particolare, per quanto riguarda l'istruzione secondaria superiore, nel settore dell'istruzione tecnica e professionale. Il decreto legislativo n. 226 del 2005, emanato in attuazione della delega prevista dalla predetta legge n. 53 del 2003, nel disciplinare il sistema dei licei, ha infatti previsto l'istituzione dei licei economico e tecnologico e la soppressione degli istituti tecnici e professionali fino al completo esaurimento delle classi del precedente ordinamento ancora funzionanti. Nella scorsa legislatura si è provveduto, peraltro, a rinviare l'avvio della riforma del secondo ciclo, al fine di avere un arco temporale
 

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più congruo per iniziative legislative di revisione, consentendo ancora la possibilità di iscrizione ai predetti istituti. Si è creata, d'altronde, una notevole incertezza in ordine alla congruità della formazione assicurata dai futuri licei tecnologici ed economici rispetto a quella degli attuali istituti tecnici e professionali, ai fini della preparazione specifica dei giovani per l'accesso al mercato dell'occupazione. Non vanno inoltre sottovalutati i negativi riflessi che tale situazione determina anche per le aspettative e la funzionalità delle imprese, che vedono in tale modo diminuire le possibilità di reclutamento di giovani già formati per l'impiego lavorativo in quanto dotati delle necessarie competenze tecnico-professionali richieste dal mondo produttivo e dei servizi. In considerazione del ruolo strategico di tale settore di istruzione si potrebbe, quindi, determinare un effetto negativo sulla stessa competitività delle imprese, sulla valutazione della convenienza ad investire in Italia e sulla programmazione a breve e medio periodo dell'attività del mondo imprenditoriale, con particolare riferimento al settore delle piccole e medie imprese.
      L'articolo 28, comma 1, dispone pertanto che gli istituti tecnici e professionali, previsti dall'articolo 191 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, siano riordinati e potenziati come istituti tecnico-professionali, appartenenti al sistema dell'istruzione secondaria superiore e finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Questi istituti sono strutturati organicamente sul territorio attraverso collegamenti stabili con il mondo del lavoro - ivi compresi il volontariato e il privato sociale - con la formazione professionale e con l'università e la ricerca. Il comma 2, nel demandare al potere regolamentare, nella specie a regolamenti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, il riassetto degli istituti tecnici e professionali di cui al comma 1, detta una serie di princìpi ai quali i regolamenti attuativi devono attenersi:

          a) la riduzione del numero degli attuali indirizzi di studio e il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree di indirizzo;

          b) la scansione temporale dei percorsi e i relativi risultati di apprendimento;

          c) la previsione di un monte ore di lezioni sostenibile per gli allievi e il conseguente riassetto delle discipline di insegnamento con un più ampio spazio per le esperienze di laboratorio, di stage e di tirocini;

          d) l'orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.

      Al riguardo va precisato che l'adozione di regolamenti ministeriali in materia di assetti ordinamentali dei corsi di istruzione era già prevista dall'articolo 205 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994. Il comma 3 prevede l'adozione di apposite linee guida, predisposte dal Ministro della pubblica istruzione e definite in sede di Conferenza unificata, per realizzare raccordi organici tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative previste dall'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle regioni, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005, compresi in un apposito repertorio nazionale. Il comma 4 prevede in via generale la possibilità di provvedere, con appositi regolamenti ministeriali, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, a disciplinare le materie di cui all'articolo 7, comma 1, della legge n. 53 del 2003 (nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale, determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici e definizione degli standard minimi formativi per i titoli professionali) e a rivedere i profili educativi di cui agli allegati A e B del decreto

 

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legislativo n. 226 del 2005. Con analoghi regolamenti si provvede anche per quanto riguarda gli adempimenti relativi agli istituti tecnico-professionali previsti dal presente articolo. La materia, pertanto, non è più oggetto di regolamenti governativi di delegificazione, così come previsto dalla legge n. 53 del 2003, bensì di regolamenti ministeriali.
      L'articolo 29 prevede, al comma 1, un'apposita delega per il riordino degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche; a tale fine si prevede che il Governo emani, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi, nel rispetto dell'autonomia scolastica, per la ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche, al fine di garantire un maggiore raccordo tra le stesse e le istituzioni, gli enti, le imprese e le associazioni operanti nel territorio e di assicurare altresì una maggiore efficienza ed efficacia al funzionamento delle istituzioni scolastiche. Al comma 2 si dispone che i decreti legislativi in questione sono adottati su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro il termine di sessanta giorni, scaduto il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Il comma 3 prevede che eventuali disposizioni integrative o correttive dei citati decreti legislativi possono essere adottate entro il termine di diciotto mesi dalla loro entrata in vigore, fermo restando il rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e delle stesse procedure. Il comma 4 elenca i seguenti princìpi e criteri direttivi, ai quali si devono conformare i decreti legislativi sopra citati:

          a) valorizzazione del collegamento delle scuole con le comunità locali e attuazione delle disposizioni in materia di autonomia scolastica;

          b) possibilità per le scuole di far partecipare agli organi collegiali e alla giunta esecutiva rappresentanti delle autonomie locali, delle università, delle associazioni, delle fondazioni e delle organizzazioni rappresentative del mondo economico, del terzo settore, del lavoro e delle realtà sociali e culturali presenti nel territorio;

          c) attribuzione alla giunta esecutiva di funzioni di supporto e collaborazione, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio di circolo o di istituto, in materia economico-finanziaria e di gestione amministrativo-contabile delle scuole e di gestione delle risorse derivanti da donazioni o da altri contributi;

          d) possibilità di istituire all'interno di ciascuna istituzione scolastica un comitato tecnico, deputato a coadiuvare e a controllare la corretta attuazione del piano dell'offerta formativa durante l'intero anno scolastico;

          e) previsione di appositi corsi di formazione per dirigenti scolastici e per direttori dei servizi generali e amministrativi, organizzati dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica, finalizzati al più efficace esercizio delle rispettive funzioni, da finanziare con una quota parte delle risorse di bilancio previste per la formazione.

      L'articolo 30 prevede l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, di un apposito fondo, denominato «Fondo perequativo», destinato ad assicurare alle istituzioni scolastiche l'assegnazione perequativa prevista dall'articolo 21, comma 5, della legge n. 59 del 1997. I criteri per l'assegnazione delle risorse alle scuole sono definiti con decreto del Ministro, mentre la consistenza annuale del Fondo è fissata nella misura del 5 per cento della dotazione relativa al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui all'articolo 1 della legge n. 440 del 1997.
      L'articolo 31 reca le disposizioni finali, le modificazioni e le abrogazioni delle norme vigenti, conseguenti all'entrata in vigore della legge. In particolare, il comma 1 proroga di ulteriori dodici mesi il termine di trentasei mesi, già previsto dal

 

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l'articolo 1, comma 5, della legge n. 228 del 2006, per l'adozione di disposizioni correttive o integrative del decreto legislativo n. 226 del 2005.
      Il comma 2 prevede invece che all'articolo 27, comma 4, del decreto legislativo n. 226 del 2005, come modificato dall'articolo 1, comma 8, della legge n. 228 del 2006, le parole: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2008-2009» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2009-2010». Al comma 3, poi, si elencano le disposizioni del decreto legislativo n. 226 del 2005 che sono soppresse ovvero modificate, in relazione ai riferimenti ivi contenuti ai licei tecnologici ed economici, compresi quelli degli allegati B e D-bis. Il comma 4 stabilisce espressamente che le abrogazioni contenute nell'articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 226 del 2005 non abbiano efficacia relativamente alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, che fanno riferimento agli istituti tecnici e professionali. Il comma 5, infine, dispone che all'attuazione delle norme contenute nella presente legge si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Il titolo IV è dedicato al cittadino consumatore.
      L'articolo 32 riguarda la nullità della clausola di massimo scoperto. La commissione di massimo scoperto ha carattere di corrispettivo dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una determinata somma per un tempo stabilito. Pertanto, essa va calcolata o sull'intera somma messa a disposizione dalla banca ovvero sulla somma rimasta disponibile in quel dato momento e non utilizzata dal cliente. La banca, infatti, nel momento in cui assume l'obbligo di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro, la destina a quell'utente per la durata dell'affidamento, a prescindere dalla sua effettiva utilizzazione, poiché deve tenerla a disposizione.
      Attualmente, la commissione di massimo scoperto non viene calcolata sulla somma affidata o rimasta disponibile, bensì, al contrario, sulla somma massima utilizzata nel periodo (solitamente il trimestre) e per tutti i giorni del periodo di riferimento. Al fine di favorire la posizione del cliente della banca, con la norma proposta - al comma 1 - si vuole eliminare la commissione di massimo scoperto e, infatti, si sanziona con la nullità l'inserimento di clausole contrattuali aventi questo oggetto. Inoltre, con il comma 2 si prevede che interessi, commissioni e provvigioni, derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione a favore della banca, rilevano ai fini dell'applicazione delle norme in materia di interessi usurari (articolo 1815 del codice civile; articolo 644 del codice penale; articoli 2 e 3 della legge n. 108 del 1996).
      L'articolo 33 delega il Governo a modernizzare l'attuale sistema dei pagamenti, caratterizzato da un uso eccessivo di strumenti «materiali», come denaro contante e assegni. La norma, pertanto, detta i princìpi cui il Governo dovrà attenersi per delineare un nuovo quadro normativo che conduca alla progressiva estensione di un sistema di pagamenti caratterizzato dall'utilizzo di strumenti elettronici. Le innovazioni consentiranno, con innegabile vantaggio per gli utenti e per gli operatori, l'abbattimento dei costi connessi alla gestione materiale del denaro. In tale ottica, il perseguimento dell'obiettivo posto dalla norma di delega consentirà, inoltre, di colmare la distanza che esiste attualmente tra l'Italia e gli altri Paesi europei, ove l'utilizzo dei sistemi elettronici di pagamento ha quasi del tutto sostituito l'uso del contante. La delega è ispirata, tra l'altro, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) progressiva «dematerializzazione» dei pagamenti nei confronti della pubblica amministrazione, da attuare con la previsione dell'obbligo, per quest'ultima, di attrezzarsi per consentire pagamenti con modalità elettroniche nonché attraverso servizi telematici e telefonici;

 

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          b) introduzione graduale, sostenuta da opportuni incentivi anche di natura fiscale, del sistema di pagamento elettronico nei confronti dei soggetti incaricati di servizi pubblici, delle banche, delle assicurazioni e di altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche;

          c) previsione di un limite massimo, superato il quale gli emolumenti per prestazioni lavorative (stipendi, pensioni) e i compensi comunque corrisposti in via continuativa non possono essere erogati in contanti o con assegni;

          d) previsione di misure agevolative per ridurre i costi di gestione dei pagamenti effettuati con sistemi elettronici, anche mediante la previsione di incentivi fiscali nonché la revisione, per i conti caratterizzati da un ridotto rilievo finanziario e da un limitato impatto amministrativo, della disciplina concernente l'imposta di bollo gravante sui servizi bancari;

          e) superamento dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori conseguente all'utilizzo di sistemi di fatturazione elettronica che facilita il suddetto adempimento da parte dei titolari di partita IVA.

      L'articolo 34 prevede che non è più necessario rinnovare ogni anno la domanda per ottenere l'indennità mensile di frequenza a beneficio degli invalidi civili minori che frequentino scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado. Si prevede il solo obbligo, a carico del legale rappresentante del minore, di comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) l'eventuale cessazione della frequenza.
      Il titolo V disciplina la semplificazione della circolazione giuridica dei veicoli.
      L'articolo 35 reca disposizioni in materia di regime delle targhe automobilistiche. La norma prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, sia istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e della certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.
      Le disposizioni successive (articoli 36-41) mirano a dare compimento a un processo di riforma che si è articolato, nel corso della XIII legislatura, prima con il disegno di legge del Governo atto Camera n. 6956, presentato il 28 aprile 2000 ma non approvato dal Parlamento entro la conclusione della legislatura, e poi con l'adozione del regolamento ad efficacia delegificante 19 settembre 2000, n. 358, che, «in attesa della riforma del regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e loro rimorchi», istituì il cosiddetto «sportello unico dell'automobilista». Nella successiva legislatura il percorso riformatore si è interrotto. Oggi, pertanto, in Italia è ancora applicato ai veicoli stradali il regime giuridico del bene mobile registrato, che non trova riscontro in alcun Paese membro dell'Unione europea. Negli altri Paesi europei non esiste un pubblico registro automobilistico appositamente costituito per l'iscrizione di tali beni. Esistono, invece, archivi in cui sono registrati i dati tecnici e di proprietà, allo scopo di potere rapidamente individuare il responsabile della circolazione di ciascun veicolo, abbinando alla targa di immatricolazione il numero del telaio del veicolo e l'identità del relativo proprietario. Anche in Italia esiste, come negli altri Paesi europei, un archivio del tipo indicato: l'archivio nazionale dei veicoli, istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, che svolge le identiche funzioni, annotando per ciascun veicolo, identificato dalla targa fin dall'immatricolazione, tutti i trasferimenti di proprietà, la residenza dei proprietari, le revisioni effettuate, gli incidenti in cui è incorso, la data di cessazione della circolazione. È altresì indicata l'identità dell'eventuale usufruttuario, locatario o venditore con patto di riservato dominio, al precipuo fine di consentire, in ogni momento, l'identificazione del soggetto responsabile della circolazione del veicolo, tant'è vero che lo stesso archivio è in costante collegamento

 

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telematico con le Forze di polizia. Nel nostro Paese, peraltro, esiste anche il pubblico registro automobilistico, dove i veicoli, pur già registrati nell'archivio nazionale dei veicoli, devono essere nuovamente registrati a cura dei proprietari, in conformità alla disciplina civilistica dei beni mobili registrati, che prevede la trascrizione, fra gli altri, dei contratti di trasferimento della proprietà e costitutivi o modificativi di diritti reali immobiliari, ai fini dell'opponibilità nei confronti dei terzi, per dirimere i possibili conflitti fra gli interessati al medesimo bene, secondo una complessa disciplina giuridica. L'inclusione degli autoveicoli fra i beni mobili registrati (ai sensi dell'articolo 2683, numero 3), del codice civile), con il conseguente obbligo di iscrizione nel pubblico registro automobilistico previsto dal regio decreto n. 1814 del 1927, sembra peraltro poter essere rivisitata in considerazione dei notevoli mutamenti che hanno caratterizzato il ruolo e la diffusione degli autoveicoli, che si sono moltiplicati e che hanno visto vertiginosamente aumentare la velocità di circolazione giuridica (più di 6 milioni di immatricolazioni e di successivi trasferimenti di proprietà all'anno), amplificando enormemente i problemi di tutela della sicurezza della circolazione, anche sotto il profilo della identificabilità del responsabile della circolazione di ogni singolo veicolo. Parallelamente, è venuta scemando, nell'attuale società, la rilevanza dei medesimi veicoli sotto il profilo della garanzia dei crediti e l'istituto dell'iscrizione immobiliare è divenuto del tutto desueto. Il fatto è che, ormai, quasi più nessuno iscrive ipoteche sui veicoli e quasi tutti, invece, preferiscono più moderni ed efficienti sistemi di finanziamento all'acquisto. Il regime della trascrizione dei contratti e degli atti indicati nel pubblico registro automobilistico e dell'iscrizione dei veicoli in entrambi i registri ha evidenziato, nel corso degli anni, gravissimi problemi quanto alla inammissibile durata delle procedure, alla complessità e all'onerosità degli adempimenti per gli interessati e alla sostanziale inefficacia rispetto alla tutela degli interessi pubblici. In particolare, la scelta che si impone è quella dell'abolizione dell'obbligo di iscrizione e di trascrizione nel pubblico registro automobilistico, disposto dal codice civile, che si sovrappone all'altra secondo una complessa disciplina, non più attuale, afferendo a un regime di circolazione giuridica e di garanzia dei crediti non rispondente alle odierne esigenze del commercio giuridico, e neppure idoneo a garantire la perseguita tutela delle parti contraenti e dei terzi alla luce dei numerosissimi episodi di truffa in danno dei consumatori, connessi alla ripetuta vendita del veicolo prima della trascrizione, o di intestazione di decine di veicoli a cittadini ignari, talvolta ad opera della criminalità organizzata per dissimulare il proprio patrimonio, nonché alla luce degli altri innumerevoli ulteriori inconvenienti riscontrati, ad esempio, in caso di fallimento del concessionario dopo la vendita e il pagamento del prezzo, ma prima della relativa trascrizione. Tutti gli episodi descritti, in realtà, trovano una matrice comune nella stessa natura dell'istituto giuridico derivante dalla qualificazione di «bene mobile registrato» che si va ad eliminare, la quale impone, a fini di opponibilità ai terzi, la successiva trascrizione di un atto contrattuale già perfetto ed efficace fra le parti, oltretutto oggi sottoposto a verifica notarile, con i conseguenti relativi oneri finanziari, ma limitatamente all'accertamento dell'identità del solo venditore. Risultano, pertanto, ampiamente superati sia il regime giuridico di circolazione, già venuto meno, ad esempio, per le imbarcazioni di minore dimensione, sia il pubblico registro automobilistico, a cui va peraltro riconosciuto di avere svolto, a decorrere dagli anni venti dello scorso secolo, un ruolo fondamentale nel tentativo, poi ampiamente riuscito, di far diventare l'auto un bene di massa attraverso la rateizzazione del prezzo di acquisto con garanzia ipotecaria. La descritta anomalia dell'attuale assetto giuridico, organizzativo e procedimentale produce lungaggini burocratiche a costi elevati, colpisce le operazioni di compravendita dei veicoli, ostacola la naturale espansione del mercato dell'auto, crea difficoltà
 

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all'industria e agli operatori. Un ulteriore grave ostacolo alla circolazione giuridica degli autoveicoli è costituito dai pesanti oneri economici connessi, causati dall'apposizione delle marche da bollo sugli atti afferenti ad entrambi i registri e sulle relative domande e dalle tariffe amministrative applicate. Ciò appare particolarmente grave rispetto all'attuale esigenza di un rapido ricambio del parco auto circolante, al fine di limitare l'inquinamento ambientale e di garantire la sicurezza stradale, in conformità alle prescrizioni comunitarie. Solo attraverso una maggiore facilità e fluidità della compravendita dei vecchi veicoli già a norma sarà, infatti, possibile innescare un circuito economico in grado di favorire anche l'acquisto dei veicoli di nuova fabbricazione, con indubitabili vantaggi ambientali ed economico-occupazionali. Sotto entrambi i profili, risulta quindi necessario procedere lungo la linea di riforma già individuata dal Governo con il citato disegno di legge atto Camera n. 6956 della XIII legislatura, per completare e integrare il processo di semplificazione regolamentare, eliminando radicalmente il regime giuridico di bene mobile registrato relativamente agli autoveicoli, mediante l'abrogazione delle relative disposizioni del codice civile e quindi del citato articolo 2683, lettera c), e delle altre disposizioni di legge che finora impongono l'iscrizione e la trascrizione nel pubblico registro automobilistico, facendo venire meno, conseguentemente, le relative imposte di bollo, che oggi gravano pesantemente sulla compravendita degli autoveicoli. In conclusione, il provvedimento riconduce la disciplina degli autoveicoli al comune regime dei beni mobili, concentrando nell'archivio nazionale dei veicoli, che ha già dimostrato di assolvere egregiamente le proprie funzioni in materia di circolazione, anche le attuali ineludibili esigenze di certezza circa la titolarità dei diritti relativi; lo stesso archivio, in particolare, include già i dati relativi ai trasferimenti di proprietà e alle principali vicende giuridiche del bene; risulta pertanto sufficiente prevedere l'annotazione di talune ulteriori vicende giuridiche, quali il sequestro conservativo e il pignoramento. La nuova disciplina, al contrario del precedente sistema, sancisce la predetta esigenza di pubblicità sanzionando in via amministrativa la mancata annotazione sulla carta di circolazione e la mancata registrazione dei relativi dati nell'archivio nazionale dei veicoli e attribuendo ai precedenti dati, in armonia con la nuova qualifica del bene, un mero valore di pubblicità a fini di sola notizia sotto il profilo civilistico.
      Il presente capo del disegno di legge in materia di tutela della concorrenza, in sintesi, si prefigge di innovare radicalmente il sistema speciale in esame e di ricondurlo ai più generali istituti civilistici, nonché alle previsioni già presenti in tutti i Paesi europei:

          a) eliminando, per i veicoli stradali, il regime giuridico del bene mobile registrato;

          b) abolendo, di conseguenza, il pubblico registro automobilistico;

          c) attribuendo al già esistente archivio nazionale dei veicoli un valore analogo a quello rivestito dai corrispondenti archivi degli altri Stati europei;

          d) riducendo, in definitiva, i tempi e i costi delle pratiche automobilistiche, per riportarle a livelli di efficienza confrontabili con quelli degli altri Paesi.

      L'articolo 36 dispone, in relazione ai veicoli stradali, il superamento del regime giuridico previsto dal codice civile per i beni mobili registrati; conseguentemente è abolito il pubblico registro automobilistico presso l'Automobile Club d'Italia, che è sostituito in tutti i riferimenti normativi dall'archivio nazionale dei veicoli già esistente presso il Ministero dei trasporti.
      L'articolo 37 salvaguarda il mantenimento del rapporto di pubblico impiego del personale dell'Automobile Club d'Italia addetto al pubblico registro automobilistico, che potrà anche avvalersi del vigente regime della mobilità.

 

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      L'articolo 38 disciplina l'applicazione dell'imposta provinciale di trascrizione alle nuove fattispecie.
      L'articolo 39 rimette ad uno o più regolamenti ad efficacia delegificante, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l'adeguamento della disciplina di settore in conseguenza della soppressione dell'obbligo di trascrizione dei veicoli stradali presso il pubblico registro automobilistico. Con gli stessi si provvederà a disciplinare, inoltre, la fase transitoria e le ulteriori modalità attuative, in modo da garantire l'invarianza di spesa, avuto riguardo alla quota di entrate finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.
      L'articolo 40 stabilisce le sanzioni pecuniarie e accessorie, in caso di violazione della nuova disciplina basata sull'iscrizione nell'archivio nazionale dei veicoli, in conformità alle disposizioni del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992.
      Infine, l'articolo 41 dispone la modificazione e l'abrogazione delle norme del codice civile che prevedono l'applicazione dell'istituto giuridico del bene mobile registrato ai veicoli stradali, l'abrogazione del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, ad eccezione dell'articolo 29, e delle relative norme di attuazione, nonché l'abrogazione delle norme del decreto legislativo n. 285 del 1992 e del relativo regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, che disciplinano l'immatricolazione, il trasferimento di proprietà e la cessazione della circolazione dei veicoli stradali.
      Il titolo VI, infine, reca le norme finali, prevedendo, oltre alla clausola di invarianza della spesa (articolo 43), il principio di collaborazione fra lo Stato, le regioni e le autonomie locali (articolo 42), e prescivendo che gli stessi promuovano accordi e intese al fine di pervenire a ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché al fine di garantire la piena applicazione e il monitoraggio degli effetti derivanti dalle disposizioni della legge in esame.
 

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